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Quanto potere abbiamo dato a Facebook?

Alexander Nix Cambridge Analytica

Negli ultimi giorni non si parla d’altro sui maggiori quotidiani d’informazione in tutti i Paesi del mondo, con il valore delle azioni di Facebook che è crollato del 7% in meno di 24 ore. Uno scandalo in realtà già preannunciato è ora esploso e si è abbattuto sul social network più grande del mondo.

Il caso Cambridge Analytica

Per chi non si fosse informato al riguardo nei giorni scorsi, faccio un breve riassunto dei fatti.

Nel 2015 Aleksander Kogan, docente dell’Università di Cambridge, creò un’app chiamata thisisyourdigitallife, che aveva la funzione di analizzare la personalità dell’utente previo login con i dati di Facebook. Tuttavia, quando si autorizzava l’app in questione ad accedere al proprio profilo Facebook, si cedeva ai creatori una mole di dati spaventosamente grande, non solo appartenenti all’utente, ma anche ai suoi amici, tanto che nonostante l’app fosse stata usata da 270mila utenti circa, Kogan era riuscito a profilare 50 milioni di utenti. Si tratta di un numero altissimo, se si pensa che la popolazione italiana è di circa 60 milioni.

Fin qui, tutto regolare, sebbene molto losco: se l’utente dà esplicita autorizzazione, il creatore dell’app può accedere ai dati richiesti (se solo gli utenti leggessero i termini di utilizzo…). I problemi iniziano quando Kogan cede i dati a Christopher Wylie, che all’epoca lavorava per Cambridge Analytica, per due motivi: il primo è che Facebook non consente di cedere o vendere i dati raccolti a soggetti terzi, mentre il secondo sta nel fatto che Cambridge Analytica non è una società come tutte le altre.

Cambridge Analytica, infatti, è un’agenzia di comunicazione finanziata da investitori molto vicini all’estrema destra americana (uno di questi è Steve Bannon, ex communication strategist di Trump) che analizzando i dati in suo possesso, micro-targetizza i soggetti di interesse dei suoi clienti e ne influenza il pensiero bombardando tali persone con strumenti come fake news, commenti scritti da account falsi e fotomontaggi, ma non solo: l’agenzia si offre anche di screditare gli avversari politici costruendo false prove di corruzione o creando falsi scandali a sfondo sessuale. E questo non sono io a dirlo, sia chiaro, ma è lo stesso Alexander Nix, CEO della compagnia, a dirlo di fronte a una telecamera nascosta.

In particolare, sarebbe sospettato il coinvolgimento di Cambridge Analytica nelle elezioni americane del 2016 e nel referendum sulla Brexit dello stesso anno.

In tutto questo, Facebook sapeva fin dall’inizio dell’avvenuta cessione dei dati dei suoi utenti a Cambridge Analytica e non ha fatto nulla per impedirne un utilizzo improprio, se non un timido monito alle due società di distruggere i dati in loro possesso.

Il potere nelle mani di Facebook

Da qui iniziamo una riflessione: il potere nelle mani di Facebook è incalcolabile. La quantità di informazioni che Facebook dispone sulla nostra vita è immensa. E siamo noi stessi a dargliela. Diciamo a Facebook cose che non diremmo nemmeno ai nostri amici più cari o alla nostra famiglia. Abbiamo messo in conto da tempo che per stare sui social e connettersi agli altri, la nostra privacy è il prezzo da pagare. E siamo più che disposti a pagarlo, con una leggerezza che mai avremmo pensato di avere, alimentata anche dal fatto che reputiamo erroneamente che certe cose non ci riguardino.

Ma in fondo, è davvero una sorpresa che Facebook sia utilizzato per scopi come la manipolazione delle masse, soprattutto in politica?

Lasciamo perdere per un momento le elezioni americane e la Brexit e guardiamo in casa nostra: davvero il risultato delle elezioni è frutto di una chiara volontà del popolo italiano? O magari c’entrano le innumerevoli bufale sugli immigrati e sui politici, che potrebbero senza dubbio aver favorito i due partiti che sono usciti vincitori? Oppure, ancora, in tutta onestà: quanti italiani odiano Laura Boldrini senza nemmeno sapere il perché?

La radice del problema è che a gestire questa mole impressionante di dati siano aziende private che fondamentalmente possono decidere di fare quello ciò che vogliono. Facebook, per esempio, se fino a oggi ha impedito la cessione di dati a terzi, domani potrebbe decidere il contrario.

Se i sospetti sulle elezioni americane e sul referendum britannico venissero confermati, lo scenario sarebbe molto inquietante: una sola azienda sarebbe in grado di decidere le sorti del mondo per i prossimi anni a venire.

Mi piacerebbe leggere la tua opinione a riguardo, ti va di commentare?

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Mario Palmieri

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